Lazio, nella città fantasma di Monterano per scoprire i segreti del passato tra gli antichi palazzi

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Giuseppe Botti, Monterano / Lazio

Una città fantasma vera e propria. Abbandonata da tempo, a raccontare il suo antico splendore ci pensano ile vestigia di una scenografica chiesa barocca, i resti di un palazzo ducale e quel che rimane in piedi degli edifici di un borgo arroccato sulla spianata di un'altura tufacea. E’ Monterano, nel cuore della Riserva naturale nata per tutelare uno degli angoli più intatti della Tuscia Romana.

 

(TurismoItaliaNews) La visita dell’antica Monterano non può che essere la ciliegina sulla torta di un’escursione nella Riserva alla scoperta di luoghi di grande interesse naturalistico, dalla Cascata della Sibilla alla “Zolfatara”, o lungo uno dei sentieri che costeggiano il fiume Mignone tra forre vulcaniche, boschi collinari, felci rarissime, una sorgente minerale ferruginosa e una necropoli etrusca. Basti pensare che la zona, proprio per le sue caratteristiche paesaggistiche, è stata la location di decine di film che hanno fatto epoca, tra cui “Ben Hur”, “Guardie e ladri”, “Brancaleone alle crociate” e “Il Marchese del Grillo”.

Quando si arriva a Monterano, seguendo il sentiero che dalla “Zolfatara” si inerpica sulla collina, la città fantasma domina la scena dall’alto e lascia subito intendere quale sia stato il suo ruolo nella storia. Anche se diruti, gli edifici possenti fanno intuire quale fosse l'importanza di questo centro fino al XVIII secolo. Le sue origini sono antichissime (sulla rocca tufacea è stato individuato un villaggio dell’età del bronzo) ma il suo sviluppo è legato a papa Clemente X, al secolo Emilio Altieri. Lo sguardo cade immediatamente sull’acquedotto a doppio ordine di archi, costruito nel XVI secolo e utilizzato per canalizzare l’acqua del fiume Mignone nei pressi del feudo di Oriolo e trasportarlo fino a Monterano, sfruttando la pendenza naturale. Nei pressi c’è il fontanile delle Cannelle, sosta obbligata per chi raggiungeva il borgo e aveva bisogno di dissetarsi, allo stesso modo di come fanno ancora oggi gli escursionisti.

Per entrare fra le mura si utilizza Porta Cretella, databile agli ultimi secoli del medioevo e la più integra delle tre porte di accesso esistenti. Con la sua apertura obliqua, rientra a pieno titolo tra le porte scee: “Questo tipo di porte – ci spiegano - non permetteva ai nemici di effettuare uno sfondamento frontale, quindi con la massima forza d'urto, ma obliquo. Proprio questo espediente faceva sì che le truppe nemiche, avendo nella mano destra l'arma e nella sinistra lo scudo, fossero costrette a salire lasciando scoperto il petto”. Monterano è una tutta sorpresa: troneggia il campanile alto quasi 14 metri della Chiesa di Santa Maria Assunta (XIII-XVII secolo), la cui facciata ormai crollata era rivolta verso la valle. “Probabilmente proprio da questo campanile proviene uno dei pochi oggetti dell'edificio sacro arrivati fino ai nostri giorni: la campana. Attualmente conservata nel Palazzo Comunale di Canale Monterano, la campana, in buono stato di conservazione, presenta nella parte inferiore un'iscrizione latina, purtroppo non più molto leggibile a causa di un vecchio intervento di restauro non troppo accurato”.

Di grande effetto è il Palazzo ducale Orsini-Altieri) trasformato da castello rinascimentale nel 1672 con lavori affidati inizialmente a Carlo Fontana. Sette anni più tardi è Gian Lorenzo Bernini a riprogettare la Fortezza trasformandola in palazzo ducale così come lo si può vedere oggi, con una maestosa fontana su Piazza Lunga dominata dalla statua grandiosa di leone che con le zampe percuote la roccia facendo zampillare l'acqua, da cui il nome di Fontana del Leone. Oggi la fontana non funziona e l'originale del leone è conservato nel Palazzo comunale di Canale Monterano. Subito accanto c'è la Chiesa di San Rocco (XIV-XVII secolo) o meglio quel che ne rimane: era a navata unica con due cappelle laterali, il cui aspetto attuale risale ad un rifacimento (o un restauro) databile alla fine del XVII secolo.

Ma il bello della visita di Monterano deve ancora arrivare: uscendo dalle mura e scendendo verso il vicino pianoro si raggiungono la Chiesa e il Convento di San Bonaventura (1675-1677). Anche questi sono ormai dei ruderi, ma preziosi per la loro evidenza barocca. Invece del marmo, per il pavimento di questa chiesa si scelse di utilizzare formelle di cotto di forma quadrata e rettangolare prodotte appositamente nella fornace di Canale. La differente cromia - variano dal giallo, all'arancio-rosato al rosso - doveva conferire vivacità alla tessitura del pavimento. “Oggi San Bonaventura, precocemente abbandonata, è forse l'unico esempio di chiesa berniniana che conserva l'originario pavimento in cotto” sottolineano gli storici dell'arte. Guardando le pareti si colgono i dettagli delle cornici e delle mostre, delle cappelline e degli altari dedicati a San Bonaventura, alla Madonna dei Sette Dolori, Sant'Agostino, Sant'Antonio da Padova, San Filippo Benizi, San Michele Arcangelo e San Giuseppe. Così come le cornici dei quadri loro dedicati (al momento dell'abbandono queste opere vennero trasferite nella chiesa parrocchiale di Canale, Santa Maria Assunta in Cielo, dove se ne conserva una parte).

E dentro quel che resta della prestigiosa chiesa c'è quello che forse è il primo "abitante" di Monterano abbandonata: un gigantesco fico di qui quasi 200 anni. Con un fusto di quasi 3 metri di circonferenza, un'altezza di 9 metri e una chioma di 8 metri di diametro, il fico, per la sua età superiore alla media della specie, rientra tra gli alberi monumentali del Lazio. La pianta, cresciuta probabilmente sulla calce dei crolli della vecchia chiesa, è diventata un simbolo della commedia all'italiana, grazie al film “Il Marchese del Grillo” di Mario Monicelli. Davanti all'ex edificio sacro il pianoro è un grande prato al centro del quale è posizionata una fontana ottagonale copia dell'originale,spostata nella piazza di Canale Monterano.

Dunque si rivela una giornata decisamente avvincente quella che si può trascorrere nella Riserva di Monterano, “oggi meta di migliaia di visitatori provenienti da tutta Italia e dall’Europa, attratti dai suoi paesaggi naturali e dalle rovine dell’antica città” tengono a dire i responsabile dell'area naturale.

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