Parma

Diga di Vetto, si accende lo scontro

Il Consorzio della Bonifica Emilia Centrale presenta lo studio di fattibilità. No di Legambiente, Coraggiosa ed Europa Verde
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Si riaccendono i riflettori sulla diga di Vetto, progetto discusso da anni di un invaso sul tratto parmense del torrente Enza, che interessa quindi le province di Parma e Reggio Emilia.

La novità arriva dal Consorzio della Bonifica Emilia Centrale che in questi giorni ha presentato alla Regione la rischiesta di uno studio di fattibilità da 5,5 milioni sull'opera, che registra già il dissenso di Legambiente e suscita richieste di chiarimento poste dai consiglieri Federico Amico e Igor Taruffi (Coraggiosa) e Silvia Zamboni (Europa Verde).

"A causa della ennesima grave siccità del 2017, era stato istituito dalla Regione il Tavolo Tecnico Enza dove tutti i portatori di interesse dovevano indicare, con dati e documentazione adeguata, il proprio fabbisogno e la Regione, facendo da regia, con documento finale firmato da tutti i componenti del Tavolo 5 giugno 20018 dava i risultati di un fabbisogno idrico netto", spiegava a fine luglio in una nota il presidente Mattia Reggiani, che è anche consigliere della Bonifica Emilia Centrale. Il documento finale evidenziava la necessità di realizzare un invaso dai 40 ai 70 milioni netti di mc. La Regione aveva dato l’incarico all’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po di studiare un quadro completo del territorio. Per i Consorzi irrigui privati serve una diga-invaso da 110 milioni di mc d’acqua, "l’equivalente del vecchio progetto, tuttora valido e recuperabile con solo minime integrazioni, i cui lavori erano iniziati 32 anni fa nel 1988 e fermati dalla Regione il 16 agosto 1989".

Per Legambiente, in particolare, la diga "avrebbe certamente impatti ambientali enormi" e, quanto allo studio di fattibilita', "e' una decisione di cui non si capisce l'origine".

Alla fine della scorsa legislatura regionale, ricorda l'associazione ambientalista emiliano-romagnola, "il dibattito si era concluso con la necessita' di uno studio organico sul fabbisogno idrico dei territori e sulle azioni da intraprendere alla luce dei cambiamenti climatici".

Inoltre, "erano state fornite garanzie che tale studio avrebbe preso in considerazione tutte le azioni possibili, dal risparmio idrico alle ipotesi infrastrutturali meno impattanti, così come richiesto chiaramente dalle direttive europee".

Ma il documento, commissionato dalla Regione all'Autorità di distretto del fiume Po (Aipo), "non è mai stato presentato alle comunità delle due province interessate, né ha avuto un riscontro pubblico".

Per Legambiente "sarebbe dunque spiacevole se emergesse che i vertici del Consorzio di bonifica sono in possesso di informazioni che mancano al resto della comunità di Reggio e Parma, così come sarebbe sconcertante se ci trovassimo nella situazione in cui è un consorzio di bonifica a dare la linea alla Regione e a decidere sulla programmazione di opere strategiche ed infrastrutture impattanti come quella di cui si discute".

Gli ambientalisti auspicano pertanto "che ci sia al più presto un chiarimento pubblico sulla situazione", chiedendo la pubblicazione degli esiti dello studio commissionato dalla Regione e "se la richiesta del Consorzio di un invaso di 80-110 milioni di metri cubi trovi riscontro in qualche documento regionale o dell'Autorità di Bacino".

Da parte loro Amico, Taruffi e Zamboni, ricordano che lo studio assegnato ad Aipo "avrebbe dovuto concludersi nel primo semestre 2020" e, in un'interrogazione, rammentano anche l'esistenza del Piano di tutela delle acque, "strumento regionale -spiegano- volto a raggiungere gli obiettivi di qualità ambientale nelle acque interne e costiere della Regione e a garantire un approvvigionamento idrico sostenibile nel lungo periodo".

I consiglieri chiedono pertanto "se lo studio di fattibilità tecnica ambientale ed economica, della cui redazione è stata incaricata Aipo, sia stato concluso e quando si preveda di pubblicarlo", se la Regione "non ritenga contraddittorio realizzare un piano di fattibilità tecnico-economica relativo a un invaso sul torrente Enza senza conoscere i contenuti dello studio in questione" e se infine, sempre l'ente di viale Aldo Moro, "abbia intenzione di modificare il Piano di Tutela delle Acque approvato nel 2005".