IL VIRUS E’ UNO ZINGARO E VA – NICOLA DI BARI, FINITO SOTTO I FERRI PER COLPA DI UNA ARTERIA PRIMA E DI UNA PERFORAZIONE INTESTINALE: “SONO FORTUNATO MA LO SAREI ANCORA DI PIÙ SE FOSSI ANCHE VACCINATO. RICEVO CONTINUAMENTE PROPOSTE DI LAVORO CHE NON POSSO ACCETTARE. SENZA VACCINO ALLA MIA ETÀ NON SI PUÒ ANDARE DA NESSUNA PARTE - I MÅNESKIN? MEGLIO IL LORO ROCK DEI RAPPER. ZALONE È L'EREDE DI BENIGNI". E POI RIVELA CHE UN SUO BRANO FU CENSURATO… - VIDEO

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Mario Luzzatto Fegiz per il "Corriere della Sera"

 

nicola di bari nicola di bari

«Io sono un uomo fortunato. Ma sarei più fortunato se fossi anche vaccinato». Parola di Michele Scommegna classe 1940 in arte Nicola Di Bari scampato al virus ma finito sotto i ferri per colpa di una arteria prima e di una perforazione intestinale poi. Salvato da un luminare della chirurgia vascolare, il professor Roberto Chiesa, al San Raffele di Milano. Plurivincitore a Sanremo il suo nome è legato a grandi canzoni come «La prima cosa bella», «Il cuore è uno zingaro»,

 

«Chitarra suona più piano», «I giorni dell' arcobaleno». La sua popolarità all' estero (Stati Uniti e America del sud) non ha mai conosciuto eclissi. In Italia è stato rilanciato dal film di Checco Zalone «Tolo Tolo» in cui interpreta lo zio del protagonista, ansioso di vederne accertata la morte presunta per incassare dallo Stato un risarcimento.

 

Come è nata la vocazione artistica?

«Mai più avrei pensato di fare il cantante. Io sono cresciuto a Zapponeta nel golfo di Manfredonia dove il vento soffia sempre, la sabbia vola e le voci sono rozze, graffianti, forse per colpa dal sale che vaporizza dal mare mosso.

 

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Insomma anche la mia voce mi suonava "nera". Pensavo che il canto fosse solo un divertimento. Quando ci trasferimmo a Milano un discografico mi fece incidere la mia prima canzone nel 1964 che era "Amore ritorna a casa".

 

La presentammo al Cantagiro con grande successo fra i giovanissimi. Poi a Sanremo 65 con "Amici miei" in coppia con Gene Pitney arrivammo al secondo posto dopo Bobby Solo che cantava "Se piangi, se ridi". Solo a questo punto mi convinsi che il canto poteva essere una professione. Cambiai casa discografica e a Sanremo 1970 cantai "La prima cosa bella"».

 

Ispirata da?

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«Dalla nascita della mia primogenita Ketty. Volevo ringraziarla di essere nata. Fu un' emozione unica. Capisci cos' è la voglia di vivere. La feci sentire a Mogol che ci mise mano con la sua consueta abilità».

 

ornella vanoni ornella vanoni

Per lei si aprì un nuovo mercato lontano dall' Italia...

«Scoprii ben presto che piacevo molto in Sudamerica. così alternavo tour in Italia e all' estero. Uno dei brani preferiti era "I giorni dell' arcobaleno" del '72. Altro cavallo di battaglia "Chitarra suona più piano" (Canzonissima) una discreta serenata con i grilli che cantano nel prato. Sono stato fortunato».

 

La collaborazione con Checco Zalone?

«Bellissima. Era venuto a Milano e mi ha proposto un parte nel film "Tolo Tolo". Era simpatico e intelligente e sapeva perfettamente quel che voleva. È il degno erede di Benigni e di Troisi. Propone una comicità molto popolare che però sa toccare temi importanti. Ho passato con lui venti giorni e nelle lunghe attese sul set Zalone ci faceva ridere e le ore scorrevano veloci. Era spontaneo e disponibile. È stato un divertimento più che un lavoro. E il film è stato un successone».

 

Ha guardato Sanremo?

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«Sì, è cambiato molto. Ma propone sempre nuovi talenti che nel nostro Paese abbondano. I Måneskin li conoscevo avendoli visti a X Factor dove mi pare li avessero eliminati. Meglio che abbia vinto uno straordinario rock moderno piuttosto che un brano rap. Il rap è povero di melodia ma si riscatta con i testi.

 

Sanremo alla fine funziona sempre. Mi è piaciuta anche la canzone di un mio paesano di nome Gaudiano col brano "Polvere da sparo", testo bellissimo per raccontare il dolore della morte del padre. Molto intelligente e poetica. Non a caso ha vinto il girone degli esordienti».

 

Esprima un desiderio.

«Uno soltanto: essere vaccinato. Ricevo continuamente proposte di lavoro che non posso accettare. Senza vaccino alla mia età non si può andare da nessuna parte».

 

MANESKIN MANESKIN

E la salute?

«Il 14 febbraio del 2020 per San Valentino tengo un applaudito concerto al palasport di Miami, in Florida. Era stata una serata straordinaria, ero felice come un bambino».

 

Subito dopo parte per l' Italia. Non sa ancora che è l' ultimo volo disponibile perché è appena scoppiata la pandemia...

«Arrivo in Italia e trovo la desolazione e la paura. Mi rilasso. Barricato in casa come tutti.

Alla fine di settembre ho la febbre. Credo di avere il Covid. Invece è l' aorta. E sono fortunato perché mi opera uno bravo come il professor Roberto Chiesa. Tutto bene? Mica tanto. Dieci giorni dopo una emorragia intestinale. Di nuovo salvato da un altro bravo chirurgo (la dottoressa De Nardi) e accudito al San Raffaele. Due interventi in 10 giorni andati bene. Sono fortunato.

 

NADA NADA

Durante il ricovero girano leggende metropolitane che mi vogliono moribondo o in terapia intensiva. Balle. Non l' unica. Corre voce che il sindaco della mia città natale Zapponeta mi ha offerto il vaccino. Ufficialmente questo non è avvenuto. La ripresa è stata lenta e faticosa. Ma ora sto bene e non vedo l' ora di ricominciare a cantare in pubblico. Non credevo che tutto questo durasse così tanto e confidavo nel ritorno alla normalità. E invece aspettiamo il (e speriamo nel) vaccino».

 

Sulla cresta dell' onda ha fatto anche quei filmini chiamati «musicarelli»?

«Assolutamente sì. Ma ho fatto anche film seri come "Torino Nera" di Carlo Lizzani nel 1972. Un bel lavoro che ebbe la sfortuna di uscire in contemporanea a "Il Padrino". Ma è stato bellissimo lavorare con un regista bravo come Lizzani. Nel '70 avevo avuto un' altra esperienza cinematografica in un film intitolato "La ragazza del prete"».

 

Nicola Di Bari è padre di 4 figli avuti con la moglie Agnese.

NICOLA DI BARI NICOLA DI BARI

«Ci eravamo sposati qui a Milano nel 1967. Una storia bellissima che continua ancora. Dopo Ketty, nasce Nicoletta, così chiamata in omaggio alla mia cara amica Nicoletta Strambelli in arte Patty Pravo. La terza, Arianna, è diventata una attrice di teatro importante. E io ne sono orgoglioso. Ultimo nato è stato Matteo nome mio padre. Nessuno di loro canta».

 

Chi ha influenzato il suo stile?

«Frank Sinatra, Otis Redding e Elvis Presley. La classe e la timbrica di Sinatra, il sound blues di Otis Redding. Ricordo un memorabile concerto di Sinatra al Manzoni di Milano».

 

L' ultima emozione da spettatore?

«Ornella Vanoni a Sanremo di quest' anno. Che classe, che fascino, che voce. Mi è venuta la pelle d' oca».

 

Che colleghi ricorda con più affetto?

patty pravo patty pravo

«Tanti momenti belli durante il Cantagiro o il Festivalbar: Sergio Endrigo, Little Tony, Gino Paoli, Massimo Ranieri, Gianni Morandi, Peppino Gagliardi e Michele Maisano. E ancora Gianfranco Reverberi, Iva Zanicchi, Patty Pravo. Spente le luci della ribalta ciascuno poi proseguiva per la sua strada. Uniti però dalla stima reciproca e da una amicizia che proseguiva al di là della scarsa frequentazione».

 

Che rapporto ha con Dio e con la religione?

«Io sono cattolico apostolico. Meno praticante di quanto vorrei. Frequento ogni tanto la chiesa di San Maurizio al Lambro».

 

Come mai ha scelto di vivere in quella frazione di cologno Monzese?

«Un paese di poche anime: 10 mila abitanti. Ci capitai per caso per un torneo di biliardo. Era il '58 e comprai una casa lì con l' aiuto di mio padre. A San Maurizio ho conosciuto Agnese. Mi piace il posto, la gente è cordiale».

 

RINO GAETANO RINO GAETANO

Gioca ancora a biliardo?

«No, ma vedo molti adolescenti praticarlo. Io non ero un campione però mi divertivo».

Nel 1973 lanciò un brano intitolato "Ad esempio... a me piace il sud" che non ebbe molto successo.

«In Italia no. Ma in Sudamerica, mercato al quale era destinato, sì. Lo aveva scritto Rino Gaetano che avevo incontrato negli studi della Rca. La canzone mi piaceva e mi piace ancora ed è una fusione fra due meridionalità quella calabrese di Rino e quella pugliese (la mia)».

 

Si dice che il brano «I giorni dell' arcobaleno» fu censurato.

«Sì, un verso che diceva "la mano saliva e svelava i misteri" divenne "la notte si accese di mille colori". E fu anche cambiata l' età della protagonista; da 13 a 15 anni».

 

È vero che oggi la gente è meno solidale?

«Forse sì. Ma non è colpa di nessuno. È il contesto che è cambiato. Oggi i ragazzi non si sposano. Convivono. In uno scenario di insicurezza soprattutto del posto di lavoro, è difficile allevare dei figli».

NICOLA DI BARI NICOLA DI BARI

 

Consigli chi volesse una carriera artistica?

«Avere pazienza e crederci».

Lei ama molto l' Argentina...

«Uno dei Paesi più belli del mondo. Con tanti panorami che cambiano. La Patagonia è meravigliosa io ne sono innamoratissimo. In Argentina un italiano è a casa sua. In tutti i sensi. Anche perché passeggiando per strada senti parlare italiano».

 

Un aneddoto che le viene in mente?

«Quando si dovette decidere chi doveva andare a cantare "Il cuore è uno zingaro" all' eurofestival con Nada facemmo testa o croce . E vinsi io. Vede che sono un uomo fortunato...».

 

Come vorrebbe essere ricordato?

«Una bella persona, al di là delle canzoni».

 

Chi vuol salutare?

NICOLA DI BARI NICOLA DI BARI

«Gianni Morandi. Auguri di guarigione. A me non poteva succedere un incidente come il suo: sono negato sia nell' agricoltura che nel giardinaggio. Mia moglie Agnese ha il pollice verde. Le sue rose sono l' orgoglio del paese».

 

Progetti (oltre alla vaccinazione)?

«Sto lavorando a una nuova canzone romantica dedicata alla mamma. Pensi che in Argentina mi definiscono "L' ultimo romantico". Da un lato la cosa mi lusinga, dall' altro spero che non sia vero. Spero che ci siano altri romantici dopo di me. Auguro loro buona fortuna».

zalone zalone CHECCO ZALONE - TOLO TOLO CHECCO ZALONE - TOLO TOLO

 

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