Castelbellino e Monte Roberto

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Nemici-amici della Vallesina

Sono così vicini che sembrano quasi toccarsi. Condividono e hanno condiviso tanto. Il loro legame affonda nella storia, nell’architettura, nella cultura. Sono stati uniti, hanno collaborato, ma si sono anche scontrati, come due rette che corrono parallele e poi si intersecano nei nodi della storia. Castelbellino e Monte Roberto si osservano dalla cima delle loro colline, bene in vista sulla rive droit del fiume Esino. Il paesaggio è quello che caratterizza tutta la Vallesina: dolci colline che si susseguono sinuose, ammantate dagli appezzamenti dei campi coltivati, con i colori che di stagione in stagione cambiano seguendo il lavoro dei contadini che da secoli operano per modellare questa terra e trarne nutrimento. Campi di grano e ulivi dominano il paesaggio a perdita d’occhio, e poi ovviamente ci sono le vigne, le fonti dell’uva da cui si ricava il pregiato Verdicchio dei Castelli di Jesi.

L’agricoltura è più di un settore economico: è una parte fondamentale dell’identità locale, ne rappresenta la storia. Valga a dimostrarlo l’appellativo che per tanto tempo ha contraddistinto Monte Roberto, quello di “granaio dello Stato Pontificio”, proprio per la ricchezza delle messi che era in grado di garantire alla Chiesa. Lo stesso dicasi per Castelbellino: il nome antico della città era Morro Panicale, “morro” da morr o murr, termine pre-romano che indica alture o rocce, su cui infatti la città sorge, e panicale, un particolare tipo di frumento coltivato in queste terre, alimento povero ma indispensabile per la sussistenza dei suoi abitanti.

Entrambi i comuni dominano la vista ergendosi sulla cima dei loro poggi e le rispettive torri civiche svettano nello skyline della Vallesina come un faro nel mare. Inscritto in entrambe le torri, l’orologio cittadino rintocca le ore e dà il là al suono delle campane. Nell’epoca digitale in cui l’orario compare in innumerevoli device può sembrarci strano, ma questi antichi strumenti meccanici hanno rappresentato per secoli un punto di riferimento fondamentale per la popolazione. L’orologio della torre scandiva le giornate dei cittadini, le campane fungevano da richiamo nelle occasioni importanti. L’orologio regolava il tempo in un senso molto più profondo di quello che siamo oggi portati ad attribuire a questa espressione. Non stupisce quindi che quando nel 1800 l’orologio di Castelbellino per un breve periodo smise di funzionare, la popolazione cadde nel panico vedendosi privata di uno strumento tanto fondamentale, protestando contro il guasto come qualcosa di inaccettabile, costringendo l’amministrazione di allora ad un tempestivo intervento di riparazione

A circondare il complesso degli antichi castelli, le possenti mura medievali rimangono come monito di dura pietra a ricordare l’epoca di eroiche battaglie, gesta cavalleresche e atroci conflitti per conquistare potere e ricchezza. È affascinante percorrere il perimetro delle cinta muraria delle due città, ottimamente conservate. Oggi che il loro scopo non è più quello di proteggere dagli assedi nemici, possono concedersi come un autentico monumento da ammirare e da cui ammirare. La posizione sopraelevata dei due paesi trasforma infatti le mura in un terrazzo da cui abbracciare un panorama mozzafiato. Tanto Monte Roberto quanto Castelbellino si affacciano su una distesa naturale magnifica, che spazia dalle montagne appenniniche all’Adriatico.

Le mura servivano a proteggere il nucleo del castello, la parte antica, dove si sviluppava la vita cittadina. Oggi il centro di questi piccoli borghi ci consente di passeggiare per strette vie alla scoperta di quei luoghi e ammirarne la bellezza.

A Castelbellino si entra tramite una breve strada in salita. Giunti in cima si apre immediatamente la piazza principale, da cui si può continuare a salire verso la parte più antica del castello percorrendo la caratteristica via Proferno, il cui nome rimanda alla sua peculiare struttura architettonica: il profferlo è infatti una scalinata che sale costeggiando la facciata di un palazzo, in questo caso quello in mattoni che ospitava, come testimonia l’insegna dal gusto retrò, la Società di mutuo soccorso. La piazza principale ospita il municipio, ubicato all’interno dell’elegante Palazzo Berarducci, a fianco del quale troviamo la loggetta Belvedere, costruzione rinascimentale anticamente preposta ad ospitare il mercato coperto, e oggi ineguagliabile belvedere sulla Vallesina. A dominare uno dei lati della piazza è la chiesa di San Marco, tanto imponente e austera fuori quanto elegante all’interno. Il disegno della chiesa è opera dell’architetto di scuola vanvitelliana Mattia Capponi, originario di Cupramontana. Capponi è uno dei tanti nodi che legano Castelbellino a Monte Roberto.

È sempre Capponi infatti l’architetto della chiesa di San Silvestro, il principale edificio religioso nei pressi del centro storico di Monte Roberto, anch’esso realizzato seguendo lo stile neoclassico. Lesene, colonne e capitelli corinzi sono alcune della caratteristiche che donano armonia e simmetria all’interno dell’edificio. Un equilibrio interrotto dagli svolazzi complessi e opulenti tipici del rococò, che caratterizzano invece le decorazioni della cantoria e dei due coretti laterali in legno dorato e scolpito, recuperati dalla chiesa di Santa Chiara a Jesi, dopo la soppressione del convento annesso alla chiesa da parte del governo napoleonico. All’interno della chiesa, tra tele di pregevole fattura, si trova anche un crocifisso ligneo di epoca rinascimentale, a cui la popolazione è legatissima. Il crocifisso è il destinatario delle preghiere dei fedeli da quando i monterobertesi hanno memoria. Per celebrare questa devozione, ogni anno si organizza una processione per le vie della città, a cui si aggiunge ogni cinque anni un’ulteriore celebrazione ancora più solenne.

Ma per quanto riguarda gli edifici religiosi, Monte Roberto custodisce il suo gioiello fuori dal centro storico. Avvicinandoci verso il corso dell’Esino, in un’area identificata con l’antica città romana di Planina, troviamo l’abbazia di Sant’Apollinare. La sua origine sembrerebbe precedere l’anno Mille, il che la renderebbe la più antica abbazia della Vallesina. La dedica a Sant’Apollinare, patrono di Ravenna, testimonia dell’antico dominio qui esercitato dalla città scelta come capitale italiana dall’impero bizantino. Varcata la porta d’accesso che si apre nella massiccia facciata in laterizio ed entrati nella navata coperta a capriate, suggestivamente illuminata dalla luce che filtra dalle monofore, il ritratto del Santo spicca nei tenui colori dell’affresco absidale, alla sinistra di Maria con in braccio il Bambin Gesù, con Sant’Antonio Abate nel lato opposto. Nella lunetta superiore è invece raffigurata una Crocifissione sul cui sfondo è ben riconoscibile il profilo del Monte San Vicino, la cima che domina l’orizzonte della Vallesina.

La tentazione di associare piccoli borghi dalla forte tradizione religiosa a un arido campanilismo può essere forte, ma mai come in questo caso sbagliato.

La cultura in questi due paesi è un fatto serio e sempre vivo, un elemento che ha saputo unire e dividere. Tanto l’attività musicale quanto quella teatrale sono nel DNA di Monte Roberto e Castelbellino, e per larghi tratti del XIX secolo, quando i due comuni costituivano ancora un’unica realtà amministrativa, grandi sono stati gli sforzi comunemente profusi per supportare la banda musicale e la filodrammatica. Anche in epoca più recente, quando ormai i due comuni avevano consolidato la loro autonomia politica, non hanno smesso di condividere l’impegno per dare lustro all’attività musicale locale, con la creazione di una formazione bandistica unica denominata banda Musicale “I due Castelli”, attiva dal 1998 al 2009.

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Castelbellino

La voglia di arte è vivissima ancora oggi. In particolare Castelbellino si segnala per l’evento “Castelbellino Arte”, inaugurato nel 1991. Si tratta di un evento che ha guadagnato attenzione a livello nazionale, dando vita a manifestazioni artistiche che oltre alla musica spaziano dalla pittura alla poesia, dalla danza al cinema, con suggestive proiezioni all’aperto e l’assegnazione del Premio Mario Camerini, conferito alla migliore canzone per film e dedicato al grande regista a cui è intitolata anche la splendida terrazza del comune.

Il gusto per l’arte e per il bello non è mai mancato in questi luoghi. A Monte Roberto una delle famiglie storicamente più importanti della città, i Salvati, seppe coniugare l’abilità negli affari alla voglia di godersi i frutti del duro lavoro in una cornice all’altezza del loro prestigio. Il risultato è Villa Salvati, una delle dimore storiche più bella di tutte le Marche. Voluta da Serafino Salvati, figlio di Antonio, il capostipite della famiglia, e realizzata su disegno di Giuseppe Camporesi, uno dei massimi architetti del neoclassicismo italiano, la villa si raggiunge percorrendo un lungo viale costeggiato da alti tigli, che si apre sulla grande facciata dell’edificio. Le colonne nella parte centrale sostengono un balcone che culmina nella torre-terrazza. È da qui che i membri della famiglia potevano abbracciare con lo sguardo i vasti appezzamenti di terra che possedevano a Monte Roberto, tenendoli sotto controllo. Gli interni assecondano il raffinato gusto dell’architettura esterna. La grande scala, le colonne ioniche, le decorazioni floreali in stucco e le numerose rappresentazioni di tema classico-epico sui soffitti immergono in un’atmosfera arcadica che al contempo ci riporta l’eco dell’opulenza della famiglia Salvati.

MURA Monte Roberto
Monte Roberto

Villa Salvati si trova nella frazione di Pianello Vallesina di Monte Roberto, territorio di confine condiviso in parte con Castelbellino. La storia di questi due piccoli gioielli della Vallesina, proprio per questa loro prossimità fisica, non poteva certo essere perennemente di collaborazione o pacifica convivenza. In passato, soprattutto nei periodi più difficili, dove la necessità diventava stringente, i due paesi non hanno mancato di litigare e accusarsi reciprocamente. Le testimonianze storiche ci riferiscono in particolare di un contenzioso protrattosi a lungo tra il XVII e XVIII secolo. Monte Roberto accusava di mancati pagamenti tributari alcuni abitanti di Castelbellino con possedimenti nel territorio monterobertese. I castelbellinesi, oltraggiati, si difendevano appellandosi a un trattato di concordia firmato nel 1576 che li avrebbe esentati da un simile pagamento. Monte Roberto rispondeva dichiarando apocrifo un simile documento, vigliaccamente inventato per non saldare il debito. Oggi certe vicende fanno quasi sorridere. Leggere che “Gli Homini di Castel Bellino hanno volontà di litigare” certo non ci trasmette la reale tensione sviluppata a quei tempi, ma conserva il ricordo di un episodio molto teso, ormai limitato al folclore popolare.

Abbiamo visto che Villa Salvati è la gemma splendente di Monte Roberto. Anche in questo caso sorge spontanea l’analogia con Castelbellino, che “risponde” con Villa Coppetti, affascinante villa storica costruita tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento in stile neoclassico, immersa in un bucolico giardino ornato di statue. Nelle sale della villa è stato ricavato il Museo Civico, dove si conservano opere d’arte di indiscutibile valore, come lavori di Ernst Van Schayck e della sua scuola, e la meravigliosa Madonna del Rosario del maestro Benedetto Nucci, in cui richiami raffaelleschi sono sapientemente reinterpretati. A questa collezione, arricchita da una sezione dedicata alla grafica moderna, segue un’importante archivio di documenti che raccontano della presenza della famiglia Garibaldi nelle Marche. Proprio a Castelbellino infatti visse a lungo, e sempre vi rimase legata, Garibalda Canzio, figlia di Stefano Canzio e di Teresita Garibaldi, figlia a sua volta dell’eroe dei due mondi.

di F. Cantori